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Cosa vuol dire perdonare?

 

Il perdono è sicuramente uno dei processi di elaborazione che siamo in grado di fare e che porta benessere.

Ho letto una storia tempo fa, non so se è vera, ma il concetto mi è piaciuto molto:

pare che un tempo, da qualche parte in Africa, in caso di omicidio si prendesse il colpevole e si gettasse in acqua in modo tale che la famiglia della persona uccisa avesse la possibilità di vendicarsi, lasciando morire chi li aveva privati del loro caro, oppure di perdonarlo andandolo a salvare.

Il punto è che se lo si lasciava morire, si restava per sempre intrappolati nel lutto poiché senza perdono non c’è possibilità di elaborazione.

Senza il perdono non c’è occasione di crescita, di evoluzione personale nostra e dell’altro; noi impariamo per prove ed errori e se non possiamo rimediare, non riusciamo nemmeno a crescere.

Ma, esattamente, che cosa significa perdonare?

Perdonare non significa dimenticare o fare finta di niente, significa vedere la realtà, quello che è successo ed essere consapevoli della notra visione di tutto ciò.

Perdonare significa lasciare andare, liberare l’altro e soprattutto noi stessi dal rancore e dalle emozioni dolorose che stanno alla base della rabbia.

Il primo passo è quindi capire cosa c’è sotto, perchè sono così arrabbiato, cosa mi ha ferito, quali sono i bisogni sottostanti che non hanno trovato una loro soddisfazione.

Il secondo passo è confrontarsi con l’altra persona, esprimendo i propri bisogni e le proprie emozioni a riguardo ed ascoltando il suo punto di vista, quali emozioni si sono attivate in lui/lei e come mai ha attuato quel comportamento.

Il che non vuol dire che debba accettare la motivazioni a ciò od il comportamento, ma il confronto sicuramente ci può aiutare ad avvicinarci.

In sintesi, potremmo dire che perdonare implica una profonda conoscenza ed accettazione di noi e dell’altro, così come siamo, con le nostre idee, fragilità, valori; capire ed accettare che può anche essere che ci troviamo a livelli di crescita evolutiva diversi e che, comunque,  stiamo facendo tutti del nostro meglio. Perdonare significa considerare che per la nostra storia, i nostri traumi e le nostre difese stiamo cercando di sopravvivere ad una vita talvolta troppo complicata per i nostri schemi.

Perdonare non è giustificare, ma capire ed accettare.

Poi, certamente dipende da chi e cosa è stato fatto. Dall’intenzionalità e crudeltà che ci sono state, dalla durata in termini temporali del comportamento che ci ha fatto male. E, vero è, talvolta ci sono situazioni imperdonabili, ma è anche vero che, fortunatamente, nelle nostre vite quotidiane, le possibilità di perdono sono davvero maggiori di quelle che vorremmo.

E se a Natale sono triste?

 

Sarà che l’idea del Natale è da sempre associata al calore ed alla famiglia, sarà che tutto ciò, spesso, è più una fantasia che una realtà. Sarà che se avessimo avuto una vita fortunata o una famiglia equilibrata o quantomeno sana di mente, non ci saremmo incontrati nel mio studio. Sarà che in questo periodo siamo colti da slanci altruistici e talvolta da insane idee riparative (spesso destinate a fallire perché per far funzionare un rapporto di qualsiasi tipo bisogna investirci almeno in due), sarà che la vita è anche una gran fatica, ma ogni anno non posso fare a meno di notare che non c’è niente che smuove nostalgie e dolori più del Natale.

Nostalgie per i Natali felici che abbiamo avuto e perduto, per quelli che avremmo desiderato e che non ci sono stati. Nostalgia per chi c’è stato e non c’è più o per chi non c’è mai stato ed avrebbe dovuto esserci.

Dolore perché ogni volta ci aspettiamo che le cose vadano come vorremmo, ma spesso non è così e la maggior parte delle volte non dipende da noi.

Dolore perché non ci sentiamo per niente in sintonia con tanta aria di gioia ed amore e più vicini alla Piccola Fiammiferaia che al Grinch non vediamo l’ora che le feste finiscano.

Eppoi ci sono i bilanci di fine anno e la speranza per il nuovo anno.

Ed ecco la Tendenza Attualizzante di Carl Rogers si attiva e la speranza, la grande compagna motivatrice dell’essere umano, fa capolino in questi momenti faticosi. Gran parte del mio lavoro di terapeuta è  scovarla e prendermene cura. Di solito, riesco quasi sempre a trovarla; talvolta è piccola e terribilmente menomata, altre volte è insicura, delusa o arrabbiata, ma da qualche parte, anche se ben nascosta…c’è!

E ogni volta che la ritrovo mi sento sollevata e felice, come quando si rincontra una vecchia amica ed enormemente grata per la possibilità che mi è stata data di svolgere questa meravigliosa professione.

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