Si chiama omertà.
Sono in attesa davanti ad una scuola media. I ragazzi delle superiori escono prima e noto una insolita calca di ragazzi intorno a me. Di solito non si fermano in questa zona. Diversi genitori, in attesa come me, si spostano lontano da questi “strani movimenti” giovanili e, in effetti, non tira una buona aria. Siccome non ci sono altri adulti e ho l’impressione che stia per accadere qualcosa di potenzialmente brutto, decido di restare esattamente dove sono ovvero circondata da un’intera classe schiamazzante. Osservo un po’ la situazione cercando di capire che succede finché noto una sorta di “regolazione di conti” tra due ragazze. Una ventina di adolescenti, credo compagni di classe, le circonda, le aizza, le riprende col cellulare e loro, non so se perché devono o lo vogliono fare, si confrontano su non ho capito che questione. Mi fanno una grandissima tenerezza, sembrano davvero in difficoltà, impacciate tra la gestione delle loro emozioni e il fatto che sono circondate da una folla curiosa e invadente verso cui si girano continuamente. Per fortuna scelgono di dirsi poche cose con toni normali e ognuna va per la sua strada. I compagni restano e continuano a buttare benzina sul fuoco, ma la situazione si è stabilizzata. Nel mentre arriva una loro professoressa che con un gesto davvero coraggioso e responsabile, oramai fuori dal suo orario di lavoro e anche dalla zona della sua scuola, nota la confusione ed arriva chiedendo con decisione cosa sta succedendo. Ovviamente nessuno ha visto niente, lei ripete la domanda varie volte ad alta voce, ma il messaggio che passa è che si è sbagliata e che non è successo niente. Lei chiede anche ad un adulto che era lì vicino a noi e lui, molto coraggiosamente, dice di non aver visto niente. Sono indecisa tra il farmi gli affari miei (magari poi i ragazzi hanno delle ripercussioni e mi dispiacerebbe) e l’intervenire, ma davvero non posso lasciare da sola quella prof a fare la figura della cretina ed intervengo. Oltretutto credo che dal momento che ha visto ed è intervenuta, le possa essere utile per un eventuale futuro intervento in classe avere più informazioni sulle dinamiche del gruppo. Le dico che c’erano due ragazze che discutevano ma che non era successo niente di grave. Lei mi chiede se si sono messi le mani addosso e a quel punto ho ottenuto l’attenzione di una buona parte dei ragazzi…. e decido di approfittarne. Dico di no, ma che i compagni non si sono comportati benissimo, e rivolgendomi a loro dico che quando due amiche litigano o sono in difficoltà non si sta a guardare, aizzare o riprendere, ma si cerca di aiutarle anche mediando la situazione. La prof mi ringrazia e si disperdono tutti, ma un ragazzino, mentre se ne sta andando dice tra sé (ma so che era per me): “anche fare la spia però non è comportarsi bene!”. Mi dispiace che nel mentre lui sia già dall’altra parte della strada, perché avrei voluto spiegargli che intervenire e segnalare una cosa brutta che sta succedendo o che fa stare male qualcuno non è “fare la spia” e che il non dire niente si chiama omertà ed è un comportamento che rende davvero peggiore la vita di tutti noi. E penso davvero che non bisogna perdere nessuna occasione per spiegarlo ai nostri figli.