Mese: Dicembre 2018

Un nuovo anno

Tra poco saremo dentro un nuovo anno ed è tempo di bilanci e di buoni propositi. Ieri leggevo su facebook un post in cui si chiedeva di valutare il proprio 2018 e mi ha davvero colpito il fatto che su centinaia di commenti solo pochissimi erano positivi. Possibile che per la maggior parte delle persone un anno intero sia definibile con un misero “di merda” o “terribile” o “orrendo”?

Poi ho pensato al mio 2018. A tutto il mio anno.

Sono morte diverse persone a cui volevo molto bene, ma sono riuscita a salutarle più o meno come volevo, sicuramente al meglio che potevo. Ho dovuto fare i conti con dei fallimenti e sono stata costretta dalla vita a riorganizzare il mio lavoro, ma ho esplorato nuovi territori della vita e di me ed ho scoperto cose estremamente interessanti e mi sento sempre di più soddisfatta di me stessa. Ho iniziato e terminato alcune collaborazioni con gioia e fatica ed ho fatto degli errori. Qualche persona a cui voglio bene si è ammalata anche gravemente e anche io ho avuto qualche problema, fortunatamente risolvibile. Alcuni amici e parenti sono spariti, di alcuni so il perché (o posso ipotizzarlo) di altri no, ma dopo il dolore, la delusione e la rabbia, sono abbastanza riuscita ad accettare le loro scelte e a salutarli silenziosamente. Ho conosciuto persone nuove che hanno condiviso con me un po’ delle loro vite e che mi hanno fatto sentire amata e nei momenti di sconforto ho avuto il supporto di qualche amico…pochi in realtà, ma che hanno tenuto e che sono stati un sostegno prezioso. Ho visto degli arcobaleni meravigliosi, ho visto albe e tramonti bellissimi e ho respirato l’aria di tramontana che tanto mi piace e mi fa sentire a casa. Ho visto mio figlio crescere e diventare quella meraviglia di ragazzo che è. Ho riso e pianto tanto, da sola e in compagnia, mi sono arrabbiata, spaventata, innamorata, emozionata e commossa. Ho avuto dei momenti bellissimi e bruttissimi ma il 2018 me lo sono vissuto tutto più che potevo nei suoi alti e bassi.

Quindi mi chiedo: com’è possibile liquidare un intero anno di vita con un unico aggettivo negativo? Non sarà che ci concentriamo sulle cose che non vanno come vorremmo perché non riusciamo ad accettare che la vita abbia dei programmi diversi per noi da quelli che avremmo desiderato? Non sarà che non riusciamo ad essere grati per ogni singola meraviglia che incontriamo in ogni giornata della nostra vita? E’ possibile che non riusciamo ad abbandonarci al flusso della vita e che resistiamo rabbiosamente ad ogni cambiamento? Jampolsky dice che “dovrà pur esserci un modo diverso per attraversare la vita che esserci trascinati dentro urlando e scalciando”. E allora proviamoci!

Domani prendete un capiente barattolo e dal primo giorno dell’anno scrivete su dei foglietti ogni cosa bella che vi succede ogni giorno e mettete i foglietti ripiegati nel barattolo. A fine anno vi renderete conto di quanti momenti positivi avete vissuto!!!

Buon 2019 a tutti voi!

Alla base del bullismo, c’è un suv parcheggiato dai genitori sul marciapiede?

Qualche giorno fa su facebook girava la proiezione di una slide che diceva: “Io credo che alla base dell’arroganza e del bullismo alle superiori ci sia un suv parcheggiato sul marciapiede dai genitori durante le elementari”.

Ho scelto di non condividerlo perché non credo che funzioni proprio così, ma la domanda del titolo di questo post ha continuato a girarmi per la testa……fino a ieri pomeriggio.

Vado a prendere mio figlio a scuola, 5 minuti prima del suono della campanella, dopo aver parcheggiato per bene, sono davanti alla scuola, a piedi, che lo aspetto.

Tre minuti prima del suono della campanella arriva una mamma con un suv che, senza fare una piega, piazza la macchina direttamente davanti a me, sulle strisce pedonali, esattamente sul percorso di uscita dei ragazzi (anche del suo!). Io non dico niente, ma vedo che comincia a fare strani movimenti di risposta alla mia faccia perplessa. Poi scende e mi chiede : “C’è qualcosa che non va?” E io che ero perplessa ma ancora calma: “Signora ha parcheggiato sulle strisce dove passano i bambini”. Mi risponde che era l’unico posto libero e io le rispondo che e’ uno spazio libero perché non è un parcheggio ed e’ per quello che non ci si e’ messo nessuno. Lei dà un’occhiata dietro ai 20 cm di strisce che aveva lasciato libere e mi dice: “Si passa!”. E io incredibilmente ancora davvero calma: “Intanto una sedia a rotelle o una bicicletta non ci passano, ma poi il punto non e’ quello; e’ una questione di senso civico, di educazione, di esempio che diamo ai nostri figli…” Lei mi interrompe e mi dice: “Si! Sono maleducata! Sono maleducata!!”

A quel punto erano usciti i bambini e non ho infierito, ma mi ha davvero colpito l’egocentrismo e l’assoluta mancanza di consapevolezza di se’ di quella donna e delle conseguenze del suo comportamento.

Ho pensato al fatto che di solito, se sappiamo di fare qualcosa di sbagliato, un minimo di senso di colpa lo abbiamo da qualche parte, ma la sfrontatezza con cui quella donna mi rispondeva evidenziava il fatto che, per lei, in quel momento, c’era solo la necessità di soddisfare il suo bisogno subito e secondo le sue regole. E non è un caso isolato.

Ogni mattina davanti a scuola mi rendo conto che per molti scatta questo meccanismo: faccio scendere mio figlio esattamente davanti alla scuola fregandomene del fatto che dietro ho tante altre macchine e pullman con dentro bambini che devono andare a scuola in orario come il mio ed io li sto bloccando e che se tutti facciamo così, tutti arriviamo tardi.

Oppure non faccio passare i ragazzi sulle strisce perché ho fretta e sono in ritardo (forse perché non sono stato in grado di programmare i tempi in maniera efficace?), ma non penso che quel figlio che va a scuola a piedi potrebbe essere il mio e che tutti dobbiamo avere cura di tutti.

Ci sono solo io e la soddisfazione immediata dei miei bisogni e di quelli di mio figlio.

Forse non c’è un suv parcheggiato sul marciapiede alla base del bullismo, ma sicuramente c’è tutto quello che ci sta dietro a quel gesto.

E se a Natale sono triste?

 

Sarà che l’idea del Natale è da sempre associata al calore ed alla famiglia, sarà che tutto ciò, spesso, è più una fantasia che una realtà. Sarà che se avessimo avuto una vita fortunata o una famiglia equilibrata o quantomeno sana di mente, non ci saremmo incontrati nel mio studio. Sarà che in questo periodo siamo colti da slanci altruistici e talvolta da insane idee riparative (spesso destinate a fallire perché per far funzionare un rapporto di qualsiasi tipo bisogna investirci almeno in due), sarà che la vita è anche una gran fatica, ma ogni anno non posso fare a meno di notare che non c’è niente che smuove nostalgie e dolori più del Natale.

Nostalgie per i Natali felici che abbiamo avuto e perduto, per quelli che avremmo desiderato e che non ci sono stati. Nostalgia per chi c’è stato e non c’è più o per chi non c’è mai stato ed avrebbe dovuto esserci.

Dolore perché ogni volta ci aspettiamo che le cose vadano come vorremmo, ma spesso non è così e la maggior parte delle volte non dipende da noi.

Dolore perché non ci sentiamo per niente in sintonia con tanta aria di gioia ed amore e più vicini alla Piccola Fiammiferaia che al Grinch non vediamo l’ora che le feste finiscano.

Eppoi ci sono i bilanci di fine anno e la speranza per il nuovo anno.

Ed ecco la Tendenza Attualizzante di Carl Rogers si attiva e la speranza, la grande compagna motivatrice dell’essere umano, fa capolino in questi momenti faticosi. Gran parte del mio lavoro di terapeuta è  scovarla e prendermene cura. Di solito, riesco quasi sempre a trovarla; talvolta è piccola e terribilmente menomata, altre volte è insicura, delusa o arrabbiata, ma da qualche parte, anche se ben nascosta…c’è!

E ogni volta che la ritrovo mi sento sollevata e felice, come quando si rincontra una vecchia amica ed enormemente grata per la possibilità che mi è stata data di svolgere questa meravigliosa professione.

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