Sarà che sono di approccio rogersiano e Carl Rogers credeva nell’unicità e nella ricchezza interiore di ogni persona (e io lavoro benissimo senza etichettare nessuno!).
Sarà che sono sempre stata “dall’altra parte”, quella che viene da fuori, quella sovrappeso, quella la cui vita “normale” era “esotica” per gli altri.
Ma l’essere “dall’altra parte” dello specchio se da un lato ti condanna alla solitudine, dall’altro ti permette di guardare le cose da una prospettiva speculare.
La solitudine ti insegna a pensare con la tua testa e la diversa prospettiva ti permette di cogliere ed apprezzare particolari che “agli altri” sfuggono, quelle particolari sfumature che rendono la vita e le persone un mix di colori unici.
Premesso tutto ciò, nella giornata internazionale della tolleranza, non posso fare a meno di notare una tendenza sempre più marcata al giudizio frettoloso.
Siamo tutti pronti ad incastrare chiunque in semplicistiche cornici o etichette in base a poche parole chiave. E se questo era un fenomeno già presente, l’arrivo del Covid l’ha incrementato in maniera considerevole.
Il Covid ci ha messo di fronte a situazioni, pensieri e stimoli nuovi che hanno creato in noi confusione e conflitti e risvegliato emozioni potenti.
Il tema della malattia tocca argomenti a cui non eravamo più abituati a pensare se non in maniera semplicistica o estremamente superficiale (a meno che non abbiamo avuto la sfortuna di una grave malattia che riguarda noi o qualcuno che amiamo).
Il dover ragionare, senza preavviso, sul senso e sulla qualità della vita, sulla morte e la sua naturalità, sul significato della libertà di pensiero e di scelta, suscita emozioni profonde come paura e rabbia con cui spesso non siamo a nostro agio e che talvolta non riusciamo a controllare o gestire. Ed ecco che a rincarare la dose arriva il senso di impotenza e l’inadeguatezza dei nostri strumenti emotivi e cognitivi per affrontare la situazione. E forse arriva anche il senso di solitudine.
L’utilizzo del potere da parte dello Stato, in maniera più o meno soft o manipolativa, ci mette di fronte all’idea che abbiamo della democrazia, delle priorità, della salute, all’idea che abbiamo della politica, dei politici e degli “esperti” (e delle loro talvolta scellerate e spero inconsapevoli dichiarazioni).
Il bisogno dei media italiani di fare notizia, purtroppo, contribuisce all’allagamento emotivo amplificando la paura e il senso di impotenza ed espandendo ulteriormente il contagio emotivo.
A causa di tutto questo (e di molto altro) proviamo emozioni ancestrali che se da una parte sono le più semplici da suscitare e su cui fare leva per ottenere facili risultati elettorali e di audience, alla lunga sono anche le più difficili da gestire e sicuramente le più dannose a livello psicologico, personale e sociale.
Il problema è che quando queste emozioni “negative” prendono il sopravvento le capacità cognitive vengono momentaneamente messe in secondo piano e gli esseri viventi attivano schemi semplici e veloci di risoluzione dei problemi: l’utilizzo del potere e delle modalità relazionali autoritarie.
Basta fare un salto sui social per notare il clima di intolleranza e di conflitto verso idee diverse dalle proprie, ci sono fazioni per ogni tipo di argomento e la probabilità di essere etichettati in maniera sbrigativa e semplicistica per il solo fatto di avere un’opinione che si discosta dalla massa è altissima.
Sentivo ieri l’intervista del Dott. Bassetti, il virologo di Genova, e al di là delle sue opinioni su cui si può concordare o no, mi ha colpito quando ha parlato di “pensiero unico imposto”, perché è davvero anche la mia percezione.
Leggo articoli e post in cui si sprecano le interpretazioni psicologiche e in cui le persone che si permettono di ragionare sui dati che vengono forniti, o quelle che si basano sulle proprie esperienze di vita quotidiana o che vedono le cose da una prospettiva diversa da quelle dei mezzi di comunicazione di massa e dai bisogni della politica, sono diagnosticate come psicologicamente disfunzionali, resistenti, inconsapevoli, adolescenziali, negazionisti…
Oggi è la giornata internazionale della Tolleranza e forse è ora che ognuno di noi faccia i conti con il fatto che la diversità, anche di pensiero, è ricchezza e tante volte viene percepita come pericolo perché rischia di cambiare qualcosa di noi.
Se io accetto anche solo qualcosa del tuo punto di vista, che è diverso dal mio, io cambio un po’ e questo è un rischio, una perdita di equilibrio che spesso non vogliamo, soprattutto quando siamo già in una situazione di incertezza.
Forse non è il momento giusto per cominciare a cambiare le cose fuori e dentro di noi, ma forse è anche vero che se restiamo ancorati alle nostre talvolta insoddisfacenti sicurezze non cambieremo mai nulla, né dentro, né fuori.